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La chirurgia come arte – ORLAN

Oggi voglio parlarvi di un’artista che ho scoperto solo pochi giorni fa e che mi ha subito affascinato, perché fa cose davvero fuori dal comune… Sto parlando di ORLAN, un’artista francese che utilizza il proprio corpo come vero e proprio mezzo di espressione.


ORLAN è famosa per le sue performance chirurgiche, durante le quali modifica il suo volto tramite interventi estetici sotto anestesia locale. Ma il suo lavoro non riguarda il dolore o la sofferenza fisica: è ciò che lei chiama Carnal Art, un’arte che lavora sulla carne per esplorare l’identità, la bellezza e il rapporto tra tecnologia e corpo.


Oltre alla chirurgia, ORLAN ha sperimentato fotografia, video, performance e nuove tecnologie digitali, trasformando il suo corpo in un laboratorio creativo e portando l’arte in territori davvero insoliti.

Attraverso le sue opere, invita a riflettere su come la tecnologia medica e l’arte possano collaborare per costruire nuove identità e ridefinire il concetto di sé.

Dagli anni ’70 a oggi, ha esplorato linguaggi e tecnologie diversi, sperimentando con il proprio corpo e trasformandolo in un vero e proprio campo di battaglia creativo. La sua pratica non appartiene alla Body Art, che spesso espone il corpo al dolore e alla sofferenza, ma a ciò che lei stessa definisce Carnal Art: un’arte che lavora sulla carne, con la carne, ma senza glorificare la sofferenza fisica.


A differenza di Marina Abramović o di altri artisti legati alla Body Art, ORLAN non cerca i limiti della resistenza. Le sue performance chirurgiche - vere e proprie messe in scena mediate dalla tecnologia - vengono realizzate sotto anestesia locale. Non c’è compiacimento del dolore; c’è piuttosto la volontà di affermare che la tecnologia medica può trasformare l’esperienza del corpo e che l’arte può appropriarsene per costruire nuove identità.


Il corpo come territorio di libertà


Al cuore della ricerca artistica di ORLAN c’è una radicale affermazione di libertà: il corpo non è destino, non è prigione, non è una “natura” intoccabile. È materia viva da plasmare, ricreare e riscrivere.

Tra il 1990 e il 1993, nel ciclo The Reincarnation of Saint ORLAN, ha realizzato nove performance chirurgiche, trasformando la sala operatoria in un vero e proprio palcoscenico teatrale. Questi interventi non avevano lo scopo di inseguire ideali tradizionali di bellezza - come Venere, Psiche o la Monna Lisa - ma di smantellare e mettere in discussione i miti culturali e storici che li sostengono.


The Reincarnation of Saint ORLAN  - Orlan Artist
The reincarnation of Saint Orlan - Copyright Orlan
The Reincarnation of Saint ORLAN - Orlan
The reincarnation of Saint Orlan - Copyright Orlan

Ogni intervento era pianificato con grande cura per sfidare la percezione dello spettatore riguardo all’estetica e all’identità. Le protesi impiantate alle tempie, ad esempio, rappresentano una dichiarazione audace: non sono pensate per conformarsi agli standard di bellezza predominanti, ma per sovvertirli. Inizialmente percepite come grottesche o inquietanti, queste modifiche sono gradualmente diventate simboli di empowerment, trasformandosi in veri e propri “organi di seduzione” che ridefiniscono il significato di abitare il proprio corpo.


ORLAN - SELF PORTRAIT
ORLAN - Self-Portrait - Copyright Orlan

Attraverso il suo lavoro, ORLAN mette in evidenza che il corpo non è un oggetto fisso, ma una tela su cui esplorare e reinventarsi. Le sue performance stimolano riflessioni sulle intersezioni tra arte, medicina e società, mettendo in discussione chi ha il diritto di definire la bellezza e perché.

Trasformando il proprio corpo in un vero e proprio laboratorio di sperimentazione, invita gli spettatori a riconsiderare le loro convinzioni sull’identità, l’espressione di sé e le possibilità di trasformazione umana.

Arte, terapia, trasformazione


Se la Body Art spesso si concentra sulle ferite e sul trauma, la Carnal Art di ORLAN lavora invece sulla possibilità di trasformazione. È proprio qui che il suo lavoro assume anche una dimensione terapeutica. Le sue performance non “curano” in senso clinico, ma aprono una prospettiva liberatoria: ci insegnano che possiamo guardare al nostro corpo - con le sue fragilità, i suoi dolori e i suoi inevitabili cambiamenti - non come a un limite, ma come a una possibilità creativa.


La guarigione, in questo contesto, non consiste nell’eliminazione del dolore o della ferita, ma nella capacità di riscriverne il significato. ORLAN prende elementi che la società considera difetti, tabù o segni di debolezza - rughe, seni che crescono senza volontà, sangue mestruale, corpi che invecchiano - e li trasforma in materia d’arte.

In questo modo, libera il corpo dalle logiche di vergogna e controllo, restituendolo a uno spazio di potere e libertà personale.

Il processo terapeutico sta proprio in questo atto di riappropriazione: ORLAN mette in scena il proprio corpo come campo aperto, visibile, imperfetto, invitando gli spettatori a confrontarsi con la propria carne senza paura. Vivere le sue opere può generare disagio, ma è un disagio fertile, che ci costringe a riconsiderare ciò che pensiamo di noi stessi e degli altri.

In questo senso, la sua arte diventa uno specchio trasformativo: non guarisce come una medicina, ma apre la possibilità di guarire dalle narrazioni oppressive - quelle che ci vogliono belle, giovani, silenziose e conformiste.


La trasformazione è quindi duplice: ORLAN trasforma il proprio corpo attraverso tecnologia e chirurgia, e contemporaneamente trasforma lo sguardo di chi osserva.

L’effetto terapeutico non si limita a chi vive direttamente la performance; si estende a chiunque entri in contatto con le sue immagini e le sue opere. Si tratta di una guarigione simbolica, che riguarda la relazione con il corpo e con l’identità.

In questo senso, la Carnal Art è terapeutica perché ci permette di immaginare corpi liberati dai vincoli sociali, alleviando le ferite interiori prodotte da stereotipi, tabù e discriminazioni.


Durante la pandemia, ad esempio, ORLAN ha trasformato le mascherine in opere d’arte, decorandole con immagini di cellule, virus e parole legate alla biologia. Ha persino utilizzato una fotografia in bianco e nero della sua vulva. In un momento di paura e isolamento, ha mostrato come l’arte possa aiutare ad affrontare l’ansia collettiva, elaborare il dolore e trasformarlo in consapevolezza.

ORLAN non sceglie vie di mezzo: la sua voce è cruda, diretta, e punta dritta alle ferite che molti preferiscono non vedere. Nei suoi scritti e interventi si percepisce la frustrazione di vivere la femminilità non come conquista personale, ma come condizione imposta, piena di nodi - biologici, sociali e culturali.


Donne ignorate, invisibili


Uno dei temi ricorrenti nel lavoro di ORLAN è quello delle donne “non viste” - quelle che non corrispondono all’immagine ideale costruita dalla società. Donne che invecchiano, donne con difetti percepiti, donne fuori dagli standard estetici dominanti, donne le cui storie non “vendono” bene nei media, o peggio, storie che disturbano.


Queste donne subiscono un doppio silenzio: non solo i loro problemi - dalla menopausa allo stigma, dalle malattie “invisibili” alle difficoltà sociali ed economiche - sono poco discussi, ma spesso non vengono nemmeno ascoltate. Le voci delle donne più giovani - quelle considerate desiderabili, disponibili e socialmente “utili” in gioventù - dominano, mentre quelle delle donne mature vengono marginalizzate, ignorate o sminuite.


Un’altra osservazione ricorrente riguarda il modo in cui alcuni uomini sembrano cercare la giovinezza come standard, misura della loro virilità e della loro posizione sociale.

Questo desiderio è tutt’altro che innocuo: genera aspettative gravose per le ragazze, trasformandole in oggetti dello sguardo e dell’uso - giovani, desiderabili, fresche - e al contempo suggerisce che la sessualità femminile abbia una “scadenza fisica”. Esiste una narrativa implicita secondo cui le donne, dopo una certa età o esperienza, avrebbero meno valore, meno potere nel desiderio e una voce più debole.


ORLAN critica anche questa dinamica: l’idea che la femminilità sia un dono da esibire, un premio sociale da conquistare attraverso la bellezza, l’eterna giovinezza e la conformità agli standard. Questa pressione non riguarda solo le donne giovani, ma si estende a tutte le età, costringendo chi vorrebbe semplicemente esistere, parlare, sbagliare o trasformarsi a vivere in uno spazio ristretto.


Contraddizioni corporee: dal seno alle mestruazioni


Il corpo femminile è il luogo principale delle contraddizioni - l’origine di molte pressioni sociali. ORLAN descrive l’ansia che si prova quando il seno inizia a crescere senza consenso: non si tratta semplicemente di una preoccupazione fisica o adolescenziale, ma di un segnale che il corpo femminile è immediatamente scrutinato e trattato come oggetto. I

l seno non è solo una parte del corpo; è oggetto di desiderio, giudizio e aspettative.

Le mestruazioni rimangono un tabù potente in molte culture.

Ancora oggi, se ne ha paura di parlare, l’educazione spesso enfatizza il nascondimento più che la conoscenza, e la mestruazione viene stigmatizzata come qualcosa di “sporco”, da nascondere o di cui vergognarsi. Questo produce disagi duraturi, sia fisici sia mentali, insegnando che certi aspetti del corpo femminile devono essere silenziati e soppressi.


Violenza istituzionale e sociale: infibulazione, femminicidio, discriminazioni


ORLAN non si limita all’esperienza individuale; la sua critica si estende a pratiche drammatiche che rappresentano l’estremo della disuguaglianza e della violenza.


  • Infibulazione e mutilazioni genitali femminili: queste pratiche non solo feriscono fisicamente, ma portano con sé la violenza del silenzio, della tradizione e delle giustificazioni religiose o culturali spesso invocate in nome della “virtù” femminile. Con essi arrivano il peso del tabù, la soppressione della sessualità autonoma e la mutilazione non solo del corpo ma anche della dignità.


  • Femminicidio: non si tratta di mera cronaca né di tragedie sporadiche, ma di un’espressione tragica dei rapporti di potere. Ogni anno decine o centinaia di donne vengono uccise “perché donne”, spesso in contesti in cui violenza domestica, stalking o abuso psicologico erano già presenti molto prima dell’atto estremo.

  • ORLAN sottolinea come questi atti di violenza siano frequentemente “nascosti” dietro motivazioni socialmente accettabili - gelosia, passione o follia - which agiscono come attenuanti morali o mediatiche, diminuendo la gravità percepita del crimine.


  • Discriminazioni quotidiane: oltre allo stupro o all’infibulazione, le donne affrontano aspettative sul lavoro, disuguaglianze economiche, marginalizzazione politica ed esclusione sociale. I giudizi basati sul corpo, sull’aspetto, sull’età, sulla maternità (o sulla sua assenza) e sulle scelte sessuali pesano molto e spesso limitano le opportunità.


Self - hybridation - Opera Orlan
Self Hybridation - Opera Orlan

Il paradosso della libertà


ORLAN evidenzia che, in molte narrazioni, le donne si trovano sempre intrappolate tra due pressioni opposte:


  • Essere adulata dal desiderio maschile: “devi piacere”, “devi essere bella”, “devono desiderarti” → spesso porta alla perdita di autonomia e all’oggettificazione.

  • Essere giudicata se non rispetti le aspettative tradizionali: se non hai figli, eserciti la tua libertà sessuale o non ti conformi agli ideali di donna, madre o moglie, vieni criticata, stigmatizzata o esclusa.


Questo paradosso rende la condizione femminile estremamente complessa, perché ogni scelta comporta aspettative contraddittorie: devi assecondare, ma non troppo; apparire desiderabile, ma non “troppo libera”; parlare, ma senza offendere; sfidare i tabù, ma senza provocare attacchi.


Orlan, Peking Opera Facial Designs No. 10, 2014, colour photograph, 120 x 120 cm, 47 x 47 in., © ADGAP, Paris
Orlan - Peking Opera Facial Designs n.10, 2014 - Colour Photograph 120x120cm - Copyright ADGAP Paris
Orlan - Peking Opera Facial Designs - photographs
Orlan - Peking Opera Facial Designs - Photographs

Un corpo che parla per tutte


Nelle sue riflessioni, ORLAN affronta senza filtri le contraddizioni dell’essere donna. Racconta il panico provato quando il seno ha iniziato a crescere senza consenso, denuncia i tabù persistenti legati alle mestruazioni e mette in luce il peso delle aspettative sociali su maternità, sessualità e invecchiamento. Con la stessa intensità, condanna pratiche come l’infibulazione, il femminicidio, la violenza domestica e le discriminazioni che ancora segnano la vita delle donne in tutto il mondo.


Il suo discorso non è mai astratto: parte dal corpo, dal suo corpo, per diventare universale.

In questo senso, la Carnal Art è anche una forma di arte-terapia collettiva: offre un modello per riappropriarsi del diritto di decidere sul proprio corpo, rifiutare stereotipi e inventare nuove forme di esistenza.


Contro la “maschera dell’innato”


Uno dei concetti più forti elaborati da ORLAN è quello della “maschera dell’innato”: ciò che la società ci fa credere naturale e immutabile. Colore della pelle, sesso biologico, la stessa idea di bellezza - tutto viene presentato come destino, quando in realtà è il prodotto di ideologie dominanti e contesti storici.


L’arte di ORLAN lavora contro queste maschere, aprendo spazi di possibilità.

Nel suo autoritratto scorticato La Liberté en Encorchée, ad esempio, mette in discussione lo stesso razzismo: senza pelle non esiste il colore e, di conseguenza, spariscono le categorie che alimentano la discriminazione. È un’opera-manifesto che unisce dimensione estetica e politica, trasformando la vulnerabilità in forza critica.


La Liberté en Encorchée -  Orlan
La liberté en encorchée - Orlan - 2021

Verso nuove ibridazioni


Il percorso di ORLAN continua a spingersi oltre i confini. Dopo aver esplorato l’ibridazione con culture extraeuropee, oggi si concentra su robotica e biotecnologia: sculture create a partire dalle sue cellule, androidi che riproducono il suo aspetto e la sua voce, installazioni che riflettono sulla sopravvivenza di specie in via di estinzione. Sempre con la stessa convinzione: l’arte non è mai fine a sé stessa, ma uno strumento per interrogare la società e immaginare futuri alternativi.

L’opera di ORLAN non è semplice provocazione: è insieme terapeutica e politica.

Ci ricorda che il corpo non è un dato di natura, ma un campo di possibilità; che il dolore e la trasformazione possono essere riscritti come atti di libertà; e che l’arte può diventare un linguaggio capace di guarire ferite invisibili, individuali e collettive.

In un mondo che tende a standardizzare e normalizzare, ORLAN ci invita a vivere il corpo come spazio di resistenza, creatività e liberazione.


Domande finali di riflessione


  • Come cambierebbe il nostro rapporto con il corpo se lo vedessimo come uno spazio di libertà e creatività?

  • In che modo l’arte può diventare uno strumento di trasformazione e riflessione sulla femminilità?

  • Come possiamo dare voce alle donne invisibili e sfidare gli stereotipi che ancora pesano sulla società?


by Loredana



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