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Perché parlare di rispetto per sé stessi?

Aggiornamento: 14 set 2023


Il lavoro/libro di love, sex and relationships mi ha fatto capire l'importanza del rispetto di sé.


Perché parlare di rispetto di sé?

Perché se non siamo i primi a rispettarci davvero, nemmeno gli altri lo faranno.

Che avvenga tra persone conosciute o perfetti estranei, la mancanza di rispetto prende varie forme e maniere nella quotidianità delle relazioni personali e professionali. E ci sono persone effettivamente capaci di passare sopra ad altri esseri umani con trattori carichi di indifferenza, menefreghismo, arroganza, scarsa capacità empatica, se non vera e propria crudeltà.

Il problema è che ognuno di noi può vivere un’assenza di rispetto anche senza tirare in causa gli altri, e di certo molto prima di arrivare a situazioni estreme. Come? Di solito siamo noi stessi i primi a non rispettarci. E lo facciamo in tantissimi modi, anche se può sembrare strano.


Una frase presa da Internet
Self-respect


Ad esempio, ogni volta che facciamo qualcosa anche se non ci va davvero.

Quando non ci va di incontrare una certa persona ma accettiamo l’invito, oppure quando ci sforziamo in un’attività che in realtà non ci piace.

Perché lo facciamo? Come facciamo a sapere cosa è buono per noi?

Semplicemente, ascoltandoci: una delle cose più difficili per l’essere umano medio.

Distinguere ciò che ci piace da ciò che non ci piace, così come sentire il proprio istinto, di solito è il primo dei problemi. Il secondo è decidere di seguire quello che sensazioni ed emozioni ci dicono. Non è scontato che riconoscere cosa vogliamo voglia dire attivarsi per ottenerlo, anzi!

Un altro modo con cui non ci rispettiamo è giudicandoci.

Dai commenti più soft alle offese più spinte, spesso siamo i peggiori nemici di noi stessi. Siamo esseri umani e, come tali, non siamo perfetti.

Nemmeno dopo anni di psicoterapia siamo esenti dal ripetere quei comportamenti disfunzionali che ormai conosciamo così bene. E’ naturale. D’altra parte, non ci piace e questo può portarci a formulare dei giudizi anche molto feroci su noi stessi.


In realtà, questo non fa altro che allontanarci da una reale possibilità di cambiamento, poiché “solo accettandoci per come siamo possiamo cambiare” (Carl Rogers).


Allo stesso tempo, auto-accettazione non significa auto-indulgenza, altrimenti difficilmente ci attiveremo per cambiare ciò che non ci piace.

Quindi, come fare per verificare se siamo persone che rispettano i propri gusti, i propri (veri) bisogni e che hanno la capacità di mettersi in discussione senza per questo condannarsi? Potremmo cominciare con il porci qualche domanda: Quello che faccio mi piace? Se no, cosa mi porta a farlo? Quando vedo qualcosa di me che non mi piace, che effetto mi fa?

Provo tenerezza o disgusto/rabbia? Il rispetto di sé, quindi, parte dalle fondamenta: ascoltarsi e seguire di più quello che sentiamo, accettarsi anche se non sempre siamo come vorremmo.


E poi arriviamo alle relazioni.


Anche all’interno di una relazione con un’altra persona, qualsiasi sia la sua natura, possiamo chiederci se ci rispettiamo oppure no. Questo tema può diventare molto delicato, ad esempio quando si arriva alla violenza vera e propria (fisica, sessuale, psicologica, economica e/o sui luoghi di lavoro), allo sfruttamento e a tutte le forme di razzismo e discriminazione.


E ci sono situazioni o relazioni in cui la violenza è così sottile e pervasiva che diventa estremamente difficile per la persona sottrarvisi senza un aiuto esterno. Rimane il fatto che dentro di sé ogni essere umano ha il potere di creare un mondo migliore per se stesso, anche se non ci crede o non sa come fare. Se non riconosciamo questo potere, la persona è spacciata poiché rimane una vittima senza nessuna speranza. E anche chiedere aiuto quando da soli non ce la si fa, è un gesto di grande forza e di rispetto verso se stessi/e.

Per evitare di arrivare ad escalation pericolose, ogni volta che secondo noi l’altra persona ci manca di rispetto, dobbiamo chiederci: io cosa faccio per farmi rispettare?


Perché se è vero che non abbiamo il controllo sull’altro, possiamo decidere come vogliamo essere trattati, fino ad allontanarci da una situazione o da una persona che non possiamo cambiare e che non ci piace. E in caso di forte difficoltà, chiedere aiuto.


Purtroppo, anche nelle piccole cose ancora oggi esistono stereotipi e pregiudizi duri a morire, come quelli di genere, razziali, legati all’orientamento sessuale, per dire i primi di una lista ancora troppo lunga. E l’unico antidoto è esprimersi. Esprimere il proprio punto di vista anche se diverso da quello altrui. Esprimere il nostro disappunto per tutto ciò che passa come battuta o scherzo ma che ci ferisce. Affermare la libertà di essere unici e irripetibili, sebbene tutti uguali quando si parla di diritti.


Questo è rispetto.


In una relazione sana, nonostante le credenze popolari, non è grave avere idee diverse e discutere, purché vi sia la condivisione di una libera espressione. Personalmente ho impiegato molto tempo per riuscire a rassicurare la mia paura di essere sbagliata e/o rifiutata e concedermi il diritto di esprimere il mio parere anche in presenza di persone con idee differenti. Soprattutto in contesti o relazioni in cui pareri diversi non sono ben accetti.

Quando parlo di libera espressione, intendo l’affermazione del proprio pensiero e punto di vista, non l’offesa e il giudizio verso l’altro. C’è una differenza piuttosto grande tra esprimersi e agire, così come tra libertà di pensiero e portare avanti idee e ideologie discriminatorie, svalutanti o addirittura razziste.

Ma se non siamo noi i primi e le prime a legittimarci ad esprimerci e affermarci per quello che siamo e crediamo, non possiamo aspettarcelo dagli altri. O comunque non ci basterà il permesso degli altri finché non ce lo accordiamo da soli/e.


L’unico modo per far rispettare dagli altri la nostra individualità è quello di darci noi per primi il permesso di esistere.


E tu? Ti senti in diritto di esistere ed esprimerti?

Ti rispetti?



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