Riflessioni sulla morte
- Loredana Denicola
- 5 mag
- Tempo di lettura: 5 min
Ciò che è amato non sarà mai perduto. E ciò che abbiamo davvero vissuto non può mai morire. Franz Werfel
La morte, in qualsiasi forma arrivi, è un evento che ci tocca tutti, ma che nessuno può davvero comprendere fino a quando non la si vive personalmente. È il grande enigma, la fine ultima di ogni esistenza, eppure, per quanto cerchiamo di allontanarla o di evitarla, è sempre lì, in agguato, in attesa.

Questa settimana, ho perso una persona cara.
La morte, in quel momento, ha preso il suo posto nel mio cuore e mi ha portato a riflettere ancora una volta sulla sua natura, sul significato che le diamo, su come viviamo il suo arrivo.
A volte, arriva all’improvviso, senza preavviso.
Quando meno ce lo aspettiamo, ci travolge come un colpo al cuore che spegne la vita in un istante.
In quei momenti, ci troviamo di fronte alla realtà nuda e cruda: il nostro mondo si ferma, il nostro corpo si paralizza e la mente si fa confusa.
La persona che c’era prima, con i suoi sorrisi, i suoi sogni, le sue emozioni, i suoi progetti... non c’è più. Resta una foto stampata su un misero manifesto funebre, e fa male vederla lì, ferma, immobile, circondata da parole di commiato. Parole che sembrano parlare di qualcuno che conoscevi, eppure ora ti sembrano così lontane, quasi irreali.
È in quel momento che realizzi davvero: non tornerà.
E il tempo, in un attimo, cambia volto.
E il vuoto che lascia è così grande che nulla sembra più lo stesso.
Questa morte improvvisa, senza un’apparente giustificazione, ci costringe ad affrontare la nostra fragilità e la nostra impotenza. Non ci sono parole che possano lenire il dolore di una perdita che arriva senza preavviso, e non esistono spiegazioni che possano rispondere al perché. La morte inaspettata è una frattura, un taglio netto che cambia tutto ciò che credevamo di sapere sulla vita.
Ma, in un’altra dimensione della sua presenza, la morte si fa attendere.
Arriva lentamente, come un’ombra che si allunga inesorabile, lasciandoci la possibilità di prepararci al suo arrivo. È un lento logorarsi, fisico e psicologico.
Per alcuni, la morte è un cammino che dura anni, segnato da sofferenze fisiche, psicologiche, di privazioni e di attese, di giorni non vissuti, di vite strappate. La morte, così, non arriva come una sorpresa, ma come una compagna di viaggio che ti fa compagnia nel dolore quotidiano.
È il cammino del morire che si fa più lungo, eppure non meno straziante.
La sofferenza accumulata, giorno dopo giorno, ci fa domandare quale dei due volti della morte sia il più misericordioso: quello che arriva inaspettato o quello che ti accompagna lungo un lungo sentiero di dolore?
E la risposta, forse, è che nessuno dei due è "più facile".
Entrambi portano con sé il peso della perdita, della separazione.

Accettare la morte: vivere nel presente
Nel corso degli anni, ho imparato che l’unica risposta davvero sensata alla morte sta nel vivere il presente. Quando una persona amata se ne va, ci si rende conto che tutto ciò che conta, alla fine, è ciò che abbiamo vissuto e ciò che possiamo ancora vivere.
Non possiamo fermare il tempo, non possiamo fermare la morte.
Ma possiamo scegliere di vivere ogni giorno, anche se la consapevolezza della sua fugacità ci fa sentire fragili.
La morte ci insegna a fare i conti con l’infinita bellezza e l’impermanenza della vita.
A volte, quando la vita ci sfida, quando siamo costretti a fare i conti con il dolore o con la malattia, possiamo desiderare di più: più tempo, più successo, più serenità, più amore, più vita.
Eppure, la morte ci obbliga a confrontarci con ciò che c’è, con ciò che è, non con ciò che manca.
La vita è fatta di attimi, di momenti che ci scivolano tra le mani, e la morte ci chiede di fermarci, di apprezzare ciò che abbiamo ora, di vivere con piena consapevolezza di ogni respiro.
La morte non è solo un’ombra che incombe su di noi, ma anche una spinta a vivere con maggiore intensità ogni momento che ci è dato.
Il presente, infatti, è l’unica risposta che possiamo dare alla morte.
Viverlo appieno, per quanto sia possibile, con quello che siamo e con ciò che possiamo fare. La vita non ci offre mai una garanzia di tempo infinito. Eppure, nonostante la brevità, possiamo trovare significato in ogni piccolo gesto, in ogni sorriso, in ogni parola condivisa.
La morte ci rende più consapevoli della bellezza del vivere.
La morte è una compagna o nemica?
Eppure, alla morte non sempre si sa cosa dire.
L’ho incontrata diverse volte nella mia vita - da vicino, negli occhi di chi stava per lasciarmi o nei miei momenti più fragili. Ma in quei momenti, lei non mi ha voluto.
Mi ha sfiorato, mi ha guardato da vicino, ma ha scelto di passare oltre.
E ogni volta che se n’è andata, ha lasciato dietro di sé una nuova consapevolezza: che siamo qui per un tempo indefinito, e che ogni attimo è un dono fragile.
La morte può essere una nemica spietata, che spezza ciò che amiamo senza pietà. Ma può anche essere una compagna silenziosa, una presenza che ci fa riflettere, che ci accompagna nei dolori più profondi e ci cambia senza dire una parola.
Forse non sta a noi giudicarla.
Forse la morte esiste anche per insegnarci a vivere davvero.
A volte si fa compagna silenziosa, portando con sé un senso di pace, di liberazione da sofferenze strazianti. Quando il dolore è insopportabile, la morte può apparire come una via di fuga, un sollievo. Ma altre volte, è l’ombra che avanza lentamente, invadente, che ci ricorda con la sua presenza la nostra vulnerabilità. La morte non ci chiede il permesso di arrivare, ma ci costringe a fare i conti con l’impermanenza di tutto ciò che amiamo.
Nel momento in cui si avvicina, ci troviamo davanti al mistero di ciò che siamo stati, di ciò che siamo ora e di ciò che potremmo diventare. È sul confine tra passato e futuro che la morte si insinua, senza mai offrirci risposte definitive. Ci lascia con la domanda più profonda: come vogliamo vivere, sapendo che un giorno tutto finirà?
Quello che rimane alla fine è il nostro cuore pieno delle emozioni che abbiamo vissuto, delle relazioni che abbiamo costruito, dei momenti che abbiamo condiviso. La morte, pur essendo il suo punto finale, ci ricorda l’importanza di custodire ciò che conta, di non dimenticare ciò che abbiamo apprezzato e amato. La morte ci invita a mettere al primo posto ciò che davvero ha valore, a fermarci e riflettere su ciò che ci rende vivi, su ciò che, alla fine, ci accompagnerà nel nostro cammino.
Quando una persona ci lascia, può sembrare che un vuoto immenso si apra nel nostro cuore. Eppure, quel vuoto è anche un segno della profondità del legame che abbiamo avuto. Anche nel dolore, possiamo trovare una traccia profonda di ciò che è stato.
Una traccia che non svanisce, ma che resta con noi.
La morte non cancella ciò che è stato. Lascia, invece, una memoria, una fotografia, un’impronta nel nostro cuore che resta viva, sebbene silenziosa.
La morte, alla fine, non è solo una fine.
È una lezione, una chiamata a vivere.
Ogni giorno che ci è dato è un’opportunità di crescita, di riflessione e di riconoscenza.
La morte ci ricorda che, per quanto breve sia la nostra esistenza, ciò che conta veramente è come scegliamo di viverla. Non possiamo sfuggirla, ma possiamo scegliere di non temerla.
Possiamo, invece, imparare ad apprezzare la bellezza di ogni respiro, che diamo per scontato, di ogni incontro e di ogni momento condiviso.
La morte, alla fine, è ciò che ci rende ancora più vivi. Senza di lei la vita non avrebbe alcun senso.
Riflessioni sulla morte
di Loredana Denicola
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